“Fu la paura a renderlo audace” (Ovidio)

La paura è un’emozione importantissima non solo per l’uomo, ma anche per gli animali. È la paura, infatti, a permetterci di riconoscere un pericolo ed agire di conseguenza, quella percezione che ci fa scappare al momento giusto o ci fa incrementare la nostra prestazione: la paura è una risorsa!
Tuttavia, da risorsa può anche trasformarsi in limite e uno degli effetti più frequenti è quello dell’ansia, una reazione fisiologica che provoca un intenso stato di malessere. L’acutizzarsi della percezione di minaccia può arrivare fino alla perdita totale di controllo, fino al tilt dell’attacco di panico: uno tsunami che terrorizza la persona. L’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) segnala che il panico è la patologia esitente più importante, infatti colpisce circa il 20% della popolazione. Blocco del pensiero, tachicardia, difficoltà respiratorie, sensazione di svenimento, sono solo alcuni dei sintomi che la persona può provare di fronte ad una situazione che teme. Nel caso delle monofobie, la paura si scatena di fronte a specifiche situazioni che, a lungo andare, possono bloccare la persona nella prigione della paura. È il caso, ad esempio, del timore di un animale, un oggetto, una situazione particolare. Tra le forme più comuni, troviamo la fobia per i piccioni, l’acrofobia ossia la paura dell’altezza, la claustrofobia cioè la paura dei luoghi chiusi, l’agorafobia ovvero la paura nel restare soli o allontanarsi. Il rischio più grande è che una monofobia si trasformi in una reazione sempre più generalizzata ad altre situazioni, incastrando sempre più l’individuo nel vortice della paura e dell’ansia. Ma cos’è che conduce la persona a passare da un semplice timore, al panico, fino a paure sempre più generalizzate? Dopo aver sperimentato un’intensa paura, si può innescare un meccanismo più complesso ovvero la paura della paura. Spesso i comportamenti, gli atteggiamenti e i pensieri che l’individuo mette in atto al fine di controllare la situazione, finiscono invece per incrementare, anzichè ridurre, le reazioni di panico. Come ben dimostra la ricerca empirica (Barlow, 1990; Marks, 1978-1998; Nardone, 1988-1993), l’evitamento delle situazioni che innescano il panico, così come la richiesta d’aiuto agli altri e il controllo delle reazioni psicofisiologiche si possono trasformare rapidamente in una tremenda trappola.
Superare questo comune problema è però possibile grazie all’uso di specifiche tecniche costruite ad hoc e adattate alla persona; strategie che permettono di uscire in tempi brevi dall’inganno in cui ci si trova poichè, in accordo con quanto afferma Bandler: “se evete imparato ad avere paura, potete anche imparare e non averne”.

 

Bibliografia
Nardone, G. (2016). La terapia degli attacchi di panico. Milano: Ponte alle Grazie.
Nardone, G. (2003). Non c’è notte che non veda il giorno. Milano: Ponte alle Grazie
Nardone, G. (2000). Oltre i limiti della paura. Milano: Rizzoli.
Organizzazione Mondiale della Sanità (2002). Classificazione Internazionale del funzionamento, della disabilità e della salute. Gardolo: Edizioni Erikson